Ave Maria

 

Uno sguardo analitico

di una poesia di Linda Manfredini

A Paul  

Tutte le volte che passavo di là,
ti vedevo,
triste e assonnato,
Paul,
un po’ sconsolato.
 
Se solo ti avessi potuto aiutare,
se ti avessi potuto ospitare.
Forse, te ne saresti anche di me approfittato.
 
Quante parole inventate pur di farti dare,
Paul,
qualche soldo
strappato
per poter mangiare.
 
L’ultima volta che passavo di là,
mi hai detto: “sono molto malato, andrò in ospedale”.
 
Adesso, quando passo di là,
Paul, non ci sarà.

Analisi di Antonella Grieco

dottoressa magistrale con lode in Filologia Moderna

 

Passavo di là” è il tempo e il luogo in cui questa poesia è ambientata. È in questa voluta indeterminatezza spaziotemporale che conosciamo il personaggio Paul: inizialmente dai suoi epiteti (dai più generici “triste” e “sconsolato” al più particolarizzante “assonnato”), poi da un periodo ipotetico spezzato dal punto. Anche qui indeterminatezza e allusività: non sono azioni concrete e constatate a dirci qualcosa di Paul, ma un desiderio compassionevole e umanitario da parte dell’autrice (le due protasi del periodo ipotetico: “se solo ti avessi… se solo avessi…”) e la risultante ipotizzata per Paul (“forse te ne saresti anche di me approfittato”). È qui che cominciamo a capire chi è Paul: qualcuno che aveva bisogno di essere aiutato e ospitato e che, da bisognoso, non si sarebbe fatto scrupoli di trarre benefici economici (anche solo di mero sostentamento) dalla benevolenza dell’autrice.

Paul è dunque un senzatetto, cosa che la strofa successiva ci conferma. Questa strofa è però soprattutto importante per caratterizzare un altro personaggio di questa breve e intensa storia in versi: quello in prima persona, impersonato dall’autrice. Non potendolo aiutare diversamente, mette a disposizione del suo nuovo amico ciò che ha di più prezioso: le sue parole, usate come intermediarie con gli altri passanti. O meglio, tante parole. Tante parole equivarranno forse solo a qualche soldo per i meccanismi dell’economia e della società: poco importa, perché valgono un contatto umano empatico, che finirà per trascendere il momento presente. Ancora adesso e per sempre, sono le parole di un’amica, le parole di una poesia, a ricordare Paul.

La ripetizione di “passavo di là” dà un senso circolare all’indeterminatezza del periodo in cui la vita dell’autrice è stata caratterizzata dalla presenza di Paul. Circolare e conclusivo: questa è infatti “l’ultima volta”.

Ora che l’autrice “passa di là” (e qui la ripetizione contiene una variazione, in quanto il tempo verbale passa dall’imperfetto al presente), Paul non c’è, anzi non ci sarà (ineluttabilità della morte).

La metrica di questo componimento è particolare, in quanto alterna versi molto lunghi (praticamente delle righe prosastiche) a versi brevi, o addirittura monoverbali (“Paul”, “strappato”). Questa alternanza crea un ritmo variegato, via via accelerato o rallentato, narrativo o drammatico, fino all’equilibrio pacato della sentenza finale. Questa è inserita in un verso che, metricamente, potrebbe essere scisso in tre: “Adesso/ quando passo di là,/ Paul, non ci sarà”, di cui gli ultimi due costituirebbero dei quinari tronchi. Lasciandolo intatto, la scansione del ritmo è data invece dalle virgole e dalla rima interna.

Ulteriori rime interne sono “assonnato” – “sconsolato” (a loro volta rimanti con “approfittato” e “strappato”) e “aiutare” – “ospitare”. Rimano infine “dare” e “mangiare”, a cui è associabile l’assonanza con “ospedale”. Questi rimandi rimici legano l’intera poesia in un quadro organico, breve ma compiuto, che con pochi tratteggi incisivi e visuali (nonché dialogici) vale a commemorare un uomo.

 

Antonella Grieco

Dottoressa in Filologia Moderna